MICHELANGELO: Cinque particolari misteriosi ed affascinanti del Giudizio Universale




Questo post è il seguito di quello pubblicato sui cinque particolari della Volta Sistina che potete leggere qui


Il grande affresco del Giudizio Universale venne eseguito tra il 1536 e il 1541. Michelangelo, contattato già ad inizio 1534, accettò la commessa malvolentieri. Aveva superato la sessantina ed, uscito stremato dall' annosa questione del sepolcro di Giulio II in San Pietro in Vincoli, forse non vedeva di buon occhio il doversi cimentare con un'opera immane che si sarebbe sviluppata lungo una parete di 250 mq. Tuttavia, il Maestro era probabilmente anche tentato dall'idea di poter lavorare al servizio di Clemente VII, un papa di casa Medici, casata con cui aveva interesse a far rifiorire un rapporto di cordialità, considerata anche le trascorse simpatie dello stesso Buonarroti per la Repubblica di Savonarola. Nessuno però può dire come si sarebbero svolti i fatti. Clemente VII morì nel maggio dello stesso anno e il progetto venne momentaneamente accantonato.

Paolo III ritratto da Tiziano. 

Fortunatamente il suo successore, Paolo III Farnese, decise di dare inizio ai lavori. Il Giudizio Universale avrebbe dovuto rappresentare un'importante lancio d'immagine per il suo pontificato, principalmente teso alla conduzione del Concilio di Trento e a fornire una severa risposta da parte della Chiesa Cattolica nei confronti dei Protestanti.

Come accaduto quasi trent'anni prima per la decorazione della Volta, Michelangelo dettò le proprie condizioni a cominciare dal punto più importante: lavorare in totale solitudine. Una sfida impossibile che si trasformò in una delle più grandi vittorie del genio toscano il quale, però, anche in questo caso non mancò di "personalizzare"alcuni particolari dell'affresco. Forse anche qui, come accaduto nella Volta, lo spirito libero di Michelangelo, tentò di lasciare alle generazioni future altri "messaggi in bottiglia" nei confronti di un qualcosa che, con molta probabilità, in quei tempi lo tormentava angosciosamente: la Controriforma.

Il Giudizio Universale è opera molto complessa sia per il numero di figure sia per i simboli rappresentati. Un'opera in cui, a differenza della Volta, Michelangelo mescola elementi di derivazione biblica e agiografica con simbologie mutuate dalla Divina Commedia di Dante, tenendo forse a mente il ciclo delle Storie degli Ultimi Giorni nella Cappella di San Brizio del Duomo di Orvieto.

Minosse


Pierluigi Farnese





Personaggio della mitologia classica che Michelangelo mutua da Dante (canto V dell'Inferno), Minosse è il temuto giudice delle tenebre, dotato di una lunga coda di serpente che avvolge lungo il corpo per indicare al dannato quanti cerchi deve discendere. In questa scena però Michelangelo lo "irride" in quanto il serpente finisce per addentare i suoi genitali. La fisionomia di Minosse (condue grandi orecchie d'asino), inoltre, non è affatto casuale: secondo Vasari il sommo artista avrebbe conferito le fattezze del giudice infernale a Biagio da Cesena, il Maestro delle Cerimonie del papa, che sconvolto dalla moltitudine di corpi nudi, stroncò l'affresco. E' noto che Michelangelo non amasse eseguire ritratti ma, evidentemente, questa volta fece un eccezione. Altra curiosità: il demone con gli occhi fuoriuscenti dalle orbite, alle spalle di Minosse , secondo parte della critica, sarebbe una raffigurazione del figlio di Paolo III, Pierluigi Farnese, noto per essere un sodomita violento e per aver causato la morte di un giovane ecclesiastico dopo averne abusato sessualmente.

San Bartolomeo



       
Pietro Aretino

La raffigurazione di San Bartolomeo si trova nella parte centrale dell'affresco. Osservando bene il volto del santo, alcuni studiosi hanno voluto identificarvici il poeta Pietro Aretino, celeberrimo autore dei Sonetti Lussuriosi. Nella pelle scuoiata che Bartolomeo lascia penzolare dalla mano sinistra si scorgono i lineamenti angosciati di Michelangelo. Il perchè Buonarroti si sia voluto raffigurare in questa drammatica maniera lascia presupporre a un suo sfinimento al termine dell'impresa pittorica anche se non è da escludere un richiamo al mondo oscuro della Controriforma che si celava dietro la sfavillante egida del papato.

Santa Caterina d'Alessandria 



A sinistra copia del Giudizio di Marcello Venusti (1549): ecco S.Caterina d'Alessandria come doveva comparire nell'originale Giudizio di Michelangelo: completamente nuda e con San Biagio in posizione molto particolare. A destra: il rifacimento eseguito dopo il 1564, attualmente visibile in Sistina

Questa raffigurazione è probabilmente quella che, nei secoli, ha fatto discutere di più in quanto dopo il 1564, venne completamente ridipinta al fine di aderire ai dettami del Concilio di Trento. La testimonianza dell'originale ci arriva da una copia del Giudizio che Marcello Venusti eseguì nel 1549 per Alessandro Farnese. La santa, evidentemente riconoscibile dalla ruota dentata del martirio, venne originariamente effigiata da Michelangelo completamente nuda. Dietro di lei San Biagio fu rappresentato in un atteggiamento senza alcun dubbio "equivoco" per una rappresentazione religiosa di così tale importanza. Il rifacimento post 1564 ci mostra invece i due santi in maniera molto più "morigerata".

Il Cristo e la Vergine



Buona parte della critica è concorde nell'affermare che Michelangelo, nella raffigurazione del Cristo, elemento centrale di tutta la composizione del Giudizio, abbia fatto riferimento alle fattezze dell'Apollo Belvedere, che si trova nel Cortile Ottagono dei Musei Vaticani. Un Cristo, con lo sguardo basso, che non appare misericordioso ma distaccato da tutto ciò che lo circonda e che sembra non abbia molto interesse nel salvare le anime. Stessa cosa si può dire per la Vergine: timidamente estranea rispetto al Cristo e al contesto, quasi schiacciata per dimensioni dalle altre figure dell'affresco che, come nella Volta, sembra esaltare il vigore e la virilità maschile.

Gli strumenti della passione




Molto particolari anche le scene dipinte nelle lunette superiori dove un gran numero di figure si azzuffano tra di loro quasi per accaparrarsi gli strumenti della passione di Cristo: la croce, la corona di spine e la colonna del martirio. Forse un velato richiamo all'alto clero che se ne vorrebbe appropriare a titolo esclusivo?

In un complesso di 392 figure tutte in movimento, i particolari per così dire "affascinanti" e nascosti sono con molta probabilità molti di più. Di sicuro, però, il Giudizio Universale procurò diversi problemi a Michelangelo: le critiche di oscenità a causa della nudità delle figure furono molte e provenienti anche da uomini di lettere come lo stesso Pietro Aretino. Molte furono anche le richieste per distruggere l'affresco e per imputare a Michelangelo l'accusa di eresia. In particolare durante i pontificati durissimo Paolo IV e di Pio IV.  

Nel 1564,un mese prima della morte di Michelangelo, il Concilio di Trento approvò la censura delle nudità del Giudizio Universale. Incaricato dell'opera fu un allievo del Maestro, Daniele da Volterra, volgarmente ribattezzato "Braghettone" in quantò ricoprì con dei veli le parti intime di quasi tutte le figure. 



Commenti

Post più popolari