LA GRANDEZZA DIMENTICATA: Il Ninfeo di Alessandro Severo detto I "Trofei di Mario"
Il grande rudere fatto di laterizi, con la sua bizzarra forma a trapezio, appare quasi dimenticato, nascosto com'è dal caos di Piazza Vittorio. Eppure, nonostante i sostegni e i rattoppi più o meno edificanti, non manca di occhieggiare chi gli passa davanti con lo sguardo di chi la grandezza l'ha conosciuta per davvero.
Eh sì, perchè durante la prima metà del III secolo d.C., sul punto esatto della confluenza tra la via Collatina (Tiburtina) e la via Labicana, proprio in uno dei punti più alti del colle Esquilino, faceva bella mostra di se il Ninfeo di Alessandro (Nymphaeum Divi Alexandri nelle scritture dell'epoca), ovvero la "mostra" d'acqua dell'acquedotto Claudio, del quale una piccola diramazione si staccava dalla non lontana Porta Tiburtina proprio per giungere in questo punto seguendo un fine meramente monumentale ma anche per ovviare a una questione più pratica: distribuire l'acqua alle zone altimetricamente più basse della città
Osservando il rudere ci rendiamo subito conto che doveva trattarsi di un'opera imponente (25 metri di larghezza alla base per 4000 metri cubi di volume), quasi sicuramente tutta rivestita in marmo e articolata su tre livelli, il più alto dei quali si trovava a più di 9 metri circa di altezza. L'acqua attraverso un sistema ingegnoso di canali e tubi, scendeva dall'alto verso il basso passando per le nicchie (probabilmente decorate da statue) fino a raccogliersi in una grande vasca di cocciopesto (oggi perduta) posta nel livello inferiore.
Il ninfeo di Alessandro (l'imperatore Alessandro Severo che ne ordinò la costruzione intorno al 226) è comunque importante per due particolarità:
1) E' l'unica sopravvissuta delle 15 mostre d'acqua che si trovavano nell'antica Roma ed è quindi da considerarsi come "progenitrice" delle successive fontane monumentali di età moderna quali il Fontanone, la Fontana di Trevi e così via.
2) Secondo un passo dei Mirabilia Urbis Romae, una tra le prime "guide" di Roma per pellegrini, databile intorno al 1140 circa, il monumento viene segnalato con il nome di "Trofei di Mario", appellativo che si porterà dietro per tutto il Medioevo. Tale denominazione sarebbe derivata dalle due statue che si trovavano nelle nicchie laterali del livello più alto del complesso, erroneamente credute come i trofei che celebrarono le vittorie di Caio Mario sui Cimbri e i Teutoni nell'anno 89 a.C.
In realtà queste sculture, che forse "accompagnavano" quelle dell'imperatore Alessandro Severo e della madre Giulia Mamea, poste invece nel nicchione centrale, risalgono all'epoca domizianea e oggi si trovano, dal 1590, sulla balaustra in cima alla Cordonata del Campidoglio, luogo in cui papa Sisto V decise di trasferirle.
Per tutti questi motivi il Ninfeo di Alessandro ha richiamato nei secoli l'attenzione di tanti studiosi e uomini d'arte che finirono per raffigurarlo nei modi più disparati, non mancando di dare vita a fantasiose ricostruzioni.
Trofei di Mario ricostruzione ideale di Pirro Ligorio (1513-1583) |
A fine Ottocento Rodolfo Lanciani eseguì un importante restauro del monumento che, secondo i suoi progetti, si sarebbe dovuto trovare al centro della nuova Piazza Vittorio, mettendo in risalto la sua funzione di crocicchio monumentale tra la Via Tiburtina e la Labicana. Purtroppo prevalsero invece altri interessi e, pur salvandosi dalle demolizioni, il Ninfeo di Alessandro rivestì una posizione isolata e defilata, quasi ornamentale, all'interno del nuovo contesto.
I Trofei di Mario secondo Giovan Battista Piranesi (1772) |
Ulteriori restauri condotti tra il 1982 e il 1988 che hanno comportato saggi di scavo più approfonditi sull'area del rudere, hanno messo in risalto una preesistente fontana di età augustea su cui, nel corso degli anni venti del III secolo, si impiantò la struttura in laterizio che si lascia ancora oggi ammirare con malinconica regalità.
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