OLTRE CAPO NORD (C’E’ PARIGI) - DAY#2 FIRENZE - COMO

#2 - FIRENZE - COMO km 406








Dopo una notte passata a prendere confidenza con la tenda e coi sacchi a pelo, alle 9.40 siamo pronti per risalire in macchina. Unico imprevisto, un problema alla mia SIM Card che non accetta la ricarica del credito. Dopo qualche tentativo tutto torna, per fortuna, a posto e così possiamo ripartire.

Lasciamo Firenze ed il Camping Camerata e puntiamo verso gli Appennini. Il peso specifico della nostra Opel Corsa tuttavia non ci permette di valicare il tradizionale passo della Cisa in quanto troppo scosceso. Carte stradali alla mano decidiamo quindi di dirigerci verso Pistoia e di raggiungere Bologna tramite la Via Porrettana che ci sembra l’alternativa più valida all’Autosole.

Nei pressi di Pistoia partecipiamo, nostro malgrado, ad una gara ciclistica di pensionati. Infatti è domenica mattina e da queste parti, le strade, nel fine settimana, pullulano di giovani e meno giovani sulle due ruote. La simpatica comitiva ci scorta fino alla tangenziale. Da qui ce la dovremo vedere da soli con le alture del valico appenninico.

I primi 15 km di statale sono durissimi e passano tra ripidi tornanti che si arroccano sulla montagna. La macchina, zeppa di vettovaglie, arranca ma alla fine riesce a raggiungere La Cugna, praticamente il passo della montagna che, una volta superato, lascia spazio ad una cinquantina di kilometri in discesa e zig-zag tra strette gole di roccia e pittoreschi ruscelli. 

La strada Porrettana


Il Ponte della Venturina segna il confine con l’Emilia Romagna ma, nonostante Maurizio esclami un incoraggiante  “Vabbè, mò le montagne si aprono e arriviamo a Bologna”,  la meta è in realtà ancora lontana. Si passa la cittadina di Porretta Terme e la strada inizia a correre parallelamente al fiume Reno (ovviamente non è quello di Wagner). Dopo un ulteriore zigzagare che comporta una bassa velocità a causa della strada stretta e dei frequenti incolonnamenti di automobili, raggiungiamo Marzabotto, tristemente famosa per gli eventi di guerra, e successivamente Sasso Marconi, casa natale dell’inventore.

Dopo circa mezz'ora la Tangenziale di Bologna  ci accoglie mostrandoci uno dei suoi volti più caratteristici: il caldo afoso e quel senso di desolazione estiva che attanaglia un pò quasi tutte le periferie. Il mio compagno di viaggio sentenzia: “Famo fino a Milano!”. L’intenzione è infatti quella di arrivare in Germania passando per la Svizzera ed il Tunnel del Gottardo.

Pochi minuti dopo il nostro veicolo è puntato in direzione nord percorrendo l’antico tracciato della Via Emilia, una strada costruita tanti secoli fa dal console romano Emilio per dotare Mediolanum di uno sbocco sul mare. La lingua di cemento di questa arteria secolare taglia in due la Pianura Padana e, partendo da Rimini, si snoda per circa 300 km, senza quasi mai fare una curva, tra campi arati, piccole fabbriche, capannoni, ipermercati e qualche motel con ristorante annesso. In prossimità delle città più importanti, un accenno di tangenziale interrompe il volto standard di una strada a due corsie stretta e molto trafficata. L’impressione che ne ricavo guardando fuori dal finestrino, nonostante la frequente presenza di un maleodore derivante da sostanze concimanti, è comunque quella di essere in uno dei centri pulsanti dell’economia italiana.

La Via Emilia tra Bologna e Modena


Si procede in maniera abbastanza spedita: prima Modena, poi Reggio, poi ancora Parma. Più staccata, invece, è Piacenza che, complice l’asfissiante caldo padano, sembra non arrivare più. All'ingresso della città scorgiamo una lupa bronzea che ricorda a chiunque passi da quelle parti che furono i Romani, un giorno, a fondare la colonia militare chiamata Placentia.

Subito dopo la Via Emilia valica il Po attraverso un grande ponte che, di fatto, unisce l’Emilia Romagna alla Lombardia. Il Grande Fiume, in questo periodo, non se la passa molto bene. Le piogge sono poche ed il letto, di conseguenza, si restringe. In questo tratto c’è davvero poco da segnalare: il paesaggio è sempre piatto ed eccetto qualche capannone, la desolazione è la vera padrona. Finalmente si passa per un centro abitato: il nome, Casalpusterlengo, è quasi impronunciabile ma tant’è. Usciti dalla cittadina annotiamo un’altra trentina di kilometri senza emozioni finchè non arriviamo a Lodi, dove mangiamo il panino al tonno in una piazzola improvvisata.

Il vecchio adagio popolare "veniva a piedi da Lodi a Milano" probabilmente ha un suo (piccolo) fondo di verità. Lasciata Lodi alle nostre spalle, ci troviamo, infatti, quasi da subito di fronte la periferia della metropoli meneghina. Tanti palazzoni, uffici e traffico intenso anche se è l’ultima domenica di Luglio. Melegnano, San Giuliano, il quartierone di San Donato e Metanopoli costituiscono la porta d’accesso a Milano per chi viene da Sud. Qui la stretta Via Emilia, ormai nella sua fase terminale, si trasforma in una tangenziale con tantissimi svincoli tra i quali è quasi impossibile orientarsi.

E infatti, puntualmente, ci perdiamo. Poco importa, però. Siamo pervasi da un senso di libertà così grande che potremmo girare praticamente a vuoto per tutto il giorno, E poi siamo a Milan, le grand Milan, la città dell’amaro Ramazzotti, l’unica metropoli al mondo che non va mai in ferie: fondamentalmente non potremmo mai perderci. Maurizio però guida da quasi sei ore e se non viene rassicurato costantemente da una freccia o da un cartello con la giusta direzione incomincia a scalpitare. Conseguenza: viene battuto il record di passaggio con semaforo rosso.

La Via Emilia a San Donato Milanese




In Viale Romagna, chiediamo indicazioni per la strada che va a Como e devo constatare che a Milano i milanesi purosangue non esistono più. Me lo conferma un simpatico vegliardo che, sconfessando la mia quasi perfetta dizione italiana (per non tradire le nostre origini), ci rimette nella giusta direzione illuminandoci in chiarissimo molisano: “Prenn’la strad’ a desctr’ e torn’a retr!’”.

La strada in questione è la Superstrada Milano-Meda-Lainate che dal centro città arriva velocemente a Meda e Seveso passando per località i cui toponimi ho avuto modo di conoscere leggendoli sui bugiardini dei medicinali o nei foglietti illustrativi di diversi prodotti: Paderno Dugnano, Cesano Maderno, Cinisello Balsamo e così via. Come contorno anche qui palazzoni, fabbriche e caos su quattro ruote, probabilmente il pegno più pesante da pagare all’industrializzazione. Di colpo, e quasi insensatamente, ripenso ad un vecchio film con Johnny Dorelli nei panni di un evasore fiscale che tentava di scappare in Svizzera con un taxi guidato da Lino Banfi. Probabilmente la stanchezza della giornata bussa già alla mia porta. Meglio annaffiare il tutto con qualche cd di musica per sognare...ad esempio un pò di heavy metal...

Mentre annoto questi dettagli, il paesaggio inizia piano piano ad assumere un profilo più ameno. Un cartello indica: "Benvenuti in Alta Brianza", per essere precisi nei pressi di Cantù e Fino Mornasco. Nonostante la strada si restringa ed il traffico si mantenga comunque elevato, non possiamo fare a meno di provare un senso di serenità ammirando all’orizzonte, quasi a sorpresa, il profilo delle Alpi. Partono gli “oooh” di ammirazione. Nel nostro piccolo, anche se non significa nulla, ci sentiamo già vincitori di un qualcosa.




Tra una battuta e l’altra ci accorgiamo che sono già le 16.30. Tempo di cercare un campeggio e finalmente riposarci un pò. Il paesaggio assume un aspetto collinare e dopo qualche minuto di attesa ecco il lago di Manzoni che ci si fa incontro. Entriamo a Como e la prima cosa che notiamo è la massiccia presenza di banche e di gioiellerie. La Svizzera si può quasi raggiungere a piedi tuttavia registriamo la presenza di diversi parcheggiatori abusivi, specialmente nella bellissima zona del lungolago. Il sole si specchia nelle acque del lago mentre le montagne chiudono quasi pittoricamente questa affascinante quinta naturale. Vorremmo soffermarci un pò di più ma il tempo stringe. Chiediamo ad uno dei parcheggiatori dove si trova il campeggio più vicino ma la sensazione è che dovremo uscire dalla città.

Questa mossa ci costa un’ora di fila causa lavori. Ne approfittiamo per comprare due sediolette da campeggio dalla Sora Gina, una vecchietta calabrese, forse di Catanzaro, che ha un gazebo di articoli per la casa sul ciglio della statale per Lecco e, su sua indicazione, ci parcheggiamo presso il Camping International, discreto campeggio appena fuori Como.

Nel frattempo il sole padano e le sette ore di macchina hanno fatto sentire i loro effetti. Risultato: ho un mal di testa da morire con tanto di conati di vomito. Menù della sera: una busta di riso liofilizzato ai funghi porcini, due fette di pan carrè e fagioli al sugo modello Terence Hill. 

Lungolago di Como


Mentre ci chiediamo che tempo potremo trovare una volta superate le Alpi, ecco avvicinarsi alla nostra piazzola un barbuto signore di Heidelberg, Germania. Ha modi gentili e, mentre ci offre delle blueberries, ci avverte: “A regà...occhio che al Nord piove!”. Entriamo in tenda ed il pensiero comune è più o meno questo: “Vabbè noi arriviamo sicuri a Capo Nord. Poi se è brutto, al limite, dormimo in macchina”. Subito dopo, il sonno pone salomonicamente fine ai nostri proclami.

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