Belgrado


Non si tratta di una meta turistica proposta a cadenza di massa dalle agenzie di viaggio ma, come spesso accade, sono proprio i luoghi meno frequentati, meno battuti ad essere impregnati di un appeal nascosto e forse, proprio per questo motivo, indescrivibile a parole. E Belgrado è un lampante esempio di quanto appena scritto.

UNA CITTA', TANTI NOMI


E' una soleggiata giornata di fine Marzo e mi trovo sulla collina di Kalemegdan. La temperatura confortante ed il sole che splende in maniera decisa, accompagnato solamente da qualche innocua nuvoletta, lascia intendere che la Buriana dei mesi invernali è oramai alle spalle. Certo, da queste parti fidarsi ciecamente degli ammiccamenti un pò ruffiani di qualche raggio di sole primaverile può essere non sufficiente: mi trovo in Serbia da due giorni e la pioggia, finora, l'ha fatta da padrona. Oggi sembra essere tornato il sereno ma gli attacchi spietati della Kosava, il gelido vento che soffia dai Carpazi, possono essere costantemente dietro l'angolo.

La confluenza della Sava nel Danubio vista da Kalemegdan




















In cima a Kalemegdan sorge la fortezza (Beogradska Tvrdava), punto strategico dell'antica città. Qui, a fianco del Pobednik, mi ritrovo ad osservare l'immensa spianata in cui la Sava confluisce nel maestoso Danubio, padre di tante culture e testimone di innumerevoli battaglie. Perdendo lo sguardo verso l'orizzonte immagino i tanti eserciti che, portandosi dietro il loro carico di crudeltà, hanno insanguinato questi luoghi. Sì...la guerra qui è decisamente una sorta di culto così come oggetto di divinazione è l'arte militare. Del resto mi trovo in una città la cui storia, da sempre, è stata chiamata con denominazioni differenti a seconda di chi ne detenesse il controllo. Singdun per i Celti, Singidunum per i Romani, Beograd (città bianca) fu il nome impostogli da papa Giovanni VIII poi rimpiazzato da Alba Graeca per i bulgari, Fehervar per gli ungheresi, Weissenburg per i tedeschi, Veligradion per i bizantini, Castelbianco per gli italiani, Darhulcihad per gli ottomani e Prinz Eugenstadt per i nazisti. Forse è proprio la storia travagliata, la riflessione, la composta rassegnazione degli abitanti che si scioglie in una frenetica vita notturna a penetrare e a rendere estremamente interessante una città che di turistico non offre grandi spunti.


La Sava e, sullo sfondo, i palazzi di Novi Beograd


















Il Pobednik (il Vincitore), simbolo della vittoria serba sull'Austria-Ungheria





















BALCANISMI IN BILICO TRA EST ED OVEST

Scendendo da Kalemegdan, ne attraverso le storiche mura, il bellissimo parco dove sorge il museo della guerra, ricco di carri armati ed obici. Nonostante le tristi vicende legate agli esiti bellici degli anni Novanta e ai bombardamenti NATO del 1999, l'appartenenza alla nazione non si è dissolta. E' andato il maresciallo Tito, è andato Milosevic ma non se ne è andato lo stupore e la fiera ammirazione di grandi e piccoli di fronte a un cingolato o a un mortaio. L'arte militare qui fa parte del DNA di una nazione da sempre in continuo contrasto con un avversario. Sono risvolti, per noi, forse difficilmente comprensibili ma è incredibile come queste storie possano fondersi con la romantica, maestosa quiete che si può avvertire passeggiando sotto alle mura del Kalemegdan in una notte di luna piena.

Il museo della guerra di Parco Kalemegdan




La fortezza di Kalemegdan di notte. Una visita al chiaro di luna è d'obbligo farla







































Per fortuna i tempi stanno lentamente cambiando anche da queste parti. Se la liquefazione in un mare di sangue della ex Jugoslavia ha comportato cicatrici ancora fresche e probabilmente, indelebili, nonostante la gente di Belgrado (in particolar modo la fascia di età compresa tra i 40 e i 60 anni, in cui si trovano pure molti reduci di guerra riciclatisi nelle mansioni più disparate) non sia ancora in grado di sorridere con spensieratezza al domani, probabilmente i giovani avvertono la necessità di voltare definitivamente pagina rispetto ad un passato scomodo e spesso opprimente. La cosa è palpabile percorrendo i lastricati della elegante  Ulica Knez Mihailova, lungo la quale i maggiori brand occidentali tentano i desideri modaioli di centinaia di ragazzi vestiti all'italiana. Non è un caso che qualche rimanenza della nostra debole economia abbia recentemente aperto uno stabilimento auto nella vicina città di Kragujevac, che si trova a circa 150 km da qui, e che allo scalo aereo Nikolaj Tesla i viaggiatori siano accolti da numerosi cartelli nella nostra lingua che invitano gli imprenditori a visitare e a investire in Serbia. Non è un caso neppure che, durante il week end, giovani provenienti dalle ex repubbliche sorelle di Slovenia, Croazia e Bosnia Erzegovina affollino la città e approfittino di qualche legge permissiva in fatto di alcool per godersi l'atmosfera che le nuove generazioni stanno conferendo a Belgrado, sempre più crocevia dei balcanismi in bilico tra Est ed Ovest. 

  
















Le ferite della guerra: palazzi colpiti dai bombardamenti NATO del 1999

















L'elegante Ulica Knez Mihailova, strada principale della città






CONTRASTI CROMATICI

E' ormai sera quando la Kosava ha deciso di farmi assaggiare i suoi gelidi artigli prima di cedere il passo alla bella stagione. Il mio sguardo si confonde nel ceruleo azzurro delle insegne pubblicitarie in cirillico che dominano i palazzi di stampo socialista di Nikola Pasic Trg e penso a quanto siano evidenti e, in qualche modo seducenti, i contrasti di questa città. Da un lato lo stile composto ed elegante del Palazzo dell'Assemblea Nazionale, del Teatro Nazionale, del rinomato Hotel Moskva, quasi un richiamo a quell'asburgica mitteleuropa tragicamente tramontata cento anni fa nel cuore dei Balcani. Dall'altro le grigie, mastodontiche, degradate strutture anni '70-80 di Terazije, della Genex Tower di Novi Beograd, della Beogradanka, di Palata Albanija, simbolo di un socialismo che badava al bene comune ma che, con molta probabilità, non ha badato alla sua stessa sopravvivenza. Oltre tutto questo, si pone il futuristico ponte Ada, edificato tra il 2008 e il 2012, quasi uno slancio generazionale ad uscire dagli anni bui della guerra e degli embarghi.


Se il socialismo non è riuscito a sopravvivere, l'Ortodossia, invece, è rimasta stoicamente indenne di fronte a qualsiasi tipo di intemperie, quasi come destinata a preservare l'identità nazionale prima dalla minaccia ottomana e poi da quella del secolarismo. Lo stretto rapporto tra Stato e religione ha caratterizzato tutta la storia della nazione Serba, dalla battaglia di Kosovo Polje ai nostri giorni. Testimonianza di quanto appena scritto è il grandioso tempio di San Sava, ultimato dopo più di cento anni di passione, che si trova in cima alla collina di Vrcar, luogo in cui nel 1594 i Turchi bruciarono le ossa del santo fondatore della Chiesa autocefala di Serbia. Il Tempio è, di fatto, la più grande chiesa ortodossa del mondo e la sua centralità nel contesto della storia serba si può evincere passeggiando tra i giardini antistanti l'edificio, dove si trovano i monumenti dello stesso San Sava e di Karadorde Petrovic, primo sovrano della Serbia libera dal giogo ottomano.














CIO' CHE NON TI ASPETTI

Ricondurre Belgrado solamente all'arte militare e all'ortodossia religiosa sarebbe però quanto di più sbagliato. Questa città, nonostante il senso di incertezza e la malinconia che affiora negli occhi di molti abitanti, affascina proprio perchè, anche di fronte al segno dei tempi, ci si può trovare di fronte a ciò che non ti aspetti. Un ristorante tipico arredato con i colori dell'arte povera in piena periferia o una fumosa taverna in centro. Sono in un crocevia dove, in qualche modo, si incontrano le popolazioni slave del nord e del sud. Ma non solo: i banchetti in cui si vende il gyros mi ricordano che l'area balcanica è anche in stretto contatto con la Grecia. Una mera coincidenza? Non credo. Trovo la conferma nelle note zigane di un violino, di un cymbalon a Skadarlija o nella vivace movida di Ada Ciganjia, nella vita e negli esperimenti di Nikola Tesla, qui una sorta di istituzione, a dimostrazione che attorno al cemento spesso può nascere un fiore.



















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Belgrado - Wikipedia

Cosa vedere a Belgrado - Wikipedia

Nikola Tesla - Wikipedia

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